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I filtri della percezione

Aggiornamento: 29 set 2020


Uno dei maggiori elementi di dispersione energetica è l’esistenza di “filtri” con i quali osserviamo e percepiamo la realtà  che hanno radici esclusivamente in noi a livello personale e profondo e dei quali – essendo prevalentemente inconsci – spesso non ne conosciamo neppure l’esistenza.

Ad una visione apparente e superficiale, la realtà “agisce” su di noi e  ci procura emozioni, sentimenti, stati d’animo e pensieri con i quali poi in un modo o nell’altro dobbiamo fare i conti …

Abbiamo già visto nel video relativo, come l’elemento sorpresa spesso presente nella vita relazionale, emotiva e mentale  ci permetta di “abboccare”  a situazioni di sequestro emotivo, drammatizzazione e identificazioni tali  da complicarci la vita e soffrire profondamente mettendo per di più in circolo veleni ormonali che danneggiano la nostra salute.

La stessa cosa, in maniera leggermente più attenuata, accade quando attiviamo i nostri filtri inconsci  e ci sembra che la realtà produca direttamente degli  effetti in noi.

La formula è: succede questo e io sto così; mi ha detto questo e ho sofferto; non accade qualcosa  e io mi deprimo… e altre dinamiche del genere.

Se potessimo ricordarci in tutti questi momenti d’identificazione, che siamo noi a regolare la nostra fisiologia e che ciò che accade all’esterno ha comunque bisogno del nostro “permesso” per ferirci e farci soffrire, la vita sarebbe molto più leggera per tutti.

Riusciamo a identificarci con un film, dove i personaggi “fingono” di vivere delle situazioni drammatiche, al punto di alzarci in piedi, metterci le mani davanti agli occhi o voltarci da un’ altra parte, figuriamoci nella vita reale!

Esperimenti scientifici condotti su monaci con all’attivo migliaia  di ore di pratica di “presenza mentale nel qui ora” hanno dimostrato che nessuno stimolo esterno (nemmeno rumori improvvisi e assordanti o scene raccapriccianti) ha il potere di alterare il nostro stato psico fisiologico se sappiamo controllarlo…

Ma allora, – a parte che non siamo monaci tibetani –  cosa succede?

La risposta è appunto nei filtri.

Un groviglio di convinzioni, credenze, associazioni mentali, generalizzazioni derivanti dalle nostre esperienze e dalla nostra risposta ad esse crea questi filtri percettivi che si comportano come degli occhiali deformanti.

Non sto così perché è successo quello o Tizio mi ha detto questo.

Sto così perché quando l’evento è accaduto, è rimbalzato sui miei filtri deformanti ed ha attivato un groviglio di valutazioni, interpretazioni, proiezioni, ricordi e neuro associazioni  tali da farmi soffrire. Inconsciamente ho dato il permesso alla situazione di ferirmi e se non me ne accorgo e alimento questo processo per minuti, ore, giorni o addirittura anni andrò a rinforzare e solidificare questi miei filtri deformanti  e ne sarò molto probabilmente di nuovo vittima molto presto…

Certamente  gli elementi esterni esistono e operano; Thic Nhat Hahn diceva che “dentro di noi ci sono tutti i semi e ogni tanto qualcuno viene ad innaffiare quelli della rabbia, della paura o delle altre emozioni negative”. Il punto tuttavia non è pretendere di diventare supereroi, la questione è riuscire a mandarsi amore, darci un’affettuosa pacca sul petto, riconoscere di aver attivato questi filtri deformanti  e voltare il prima possibile pagina.

Riconoscere l’esistenza di questi  filtri è un atto di responsabilità importante.

Anche se a prima vista cambia poco, perché la realtà continuerà a sembrarci capace di condizionare la nostra vita, poco per volta impareremo a conoscerli e a depotenziarli.

Certamente nei primi tempi li riconosceremo a posteriori, dopo che si sono attivati ed espressi, ma questo già basterà a non identificarci e perlomeno a smettere di alimentarli e irrobustirli.

Da un punta di vista dell’orientamento delle nostre energie non sarà necessario “accanirsi” per capire da dove provengono  e quando e come li abbiamo costruiti; sarebbe uno sforzo puramente cerebrale e sterile.

Molto più importante sarà invece capire come funzionano, cosa li fa scattare, quali interruttori li attivano, che tipo di sensazioni fisiche, emozioni e pensieri scatenano in noi.

Come al solito la cosa più importante sarà accettarli e mandarci amore  e comprensione per averli costruiti unitamente alla ferma volontà di smantellarli e accedere davvero al nostro potere personale.

Potremo provare ad immaginare come sarebbe la nostra vita senza di essi  e quali meraviglie potrebbero accadere…

Se io scopro ad esempio che il mio “sentirmi sfortunato” è un filtro, anziché giudicarmi per questo cercherò di smettere di alimentarlo, ne riconoscerò l’inutilità, proverò ad immaginare la mia vita  ad esempio da un angolatura di coscienza delle mie abilità, della mia unicità  e della possibilità che c’è in me di essere davvero artefice della mia fortuna.

Essere disponibili a “scovare” questi filtri deformanti inoltre, è anche utile per diventare più forti e  stabili nel qui e ora, perché ci permette  – non appena  avvertiamo il disagio o l’identificazione –  di spostare l’attenzione dalla fonte (presunta) del disagio che sta insorgendo all’ascolto  e alla descrizione di quello che avviene dentro di noi e col tempo e l’allenamento  può persino diventare una sfida e un esercizio di consapevolezza.

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