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Ricalibrazione e …relazioni

Tutto ciò che abbiamo appreso nelle se

rate sulla ricalibrazione delle percezioni riguardo a pensieri, emozioni e sentimenti rappresenta la base per iniziare a risvegliarsi e prendere in mano la propria vita, consapevoli – almeno come ipotesi di lavoro – che la felicità è un “senso” che possiamo attivare solo nel “qui e ora” fluendo nella sincronicità della vita (Grazia Divina), senza farci sedurre dalle trappole della mente, del tempo (passato e futuro) e dei loop emotivi ormonali che la nostra fisiologia attiva molto facilmente quando usciamo dall’adesso…

Quando siamo nel flusso è più semplice armonizzare in modo coerente le nostre frequenze pensiero ed emozione e produrre sentimenti coerenti che fanno bene a noi e a chi ci circonda.

Per ricalibrare le relazioni occorre partire da queste premesse.

Poiché abbiamo capito che le nostre percezioni sono relative, che quando il senso della felicità si ottunde sta “accadendo qualcosa”, e che questo qualcosa è un opportunità per accorgerci di convinzioni limitanti che restringono le nostre possibilità, le relazioni sono un meraviglioso banco di prova…

Anche nella formazione OEP3 il secondo livello – orientare le proprie energie “con gli altri” o “nonostante gli altri” rappresenta il banco di prova più impegnativo, quello che fa scappare la maggior parte delle persone, perché imparare a “stare” con gli altri non è facile..

Nelle relazioni – di qualsiasi tipo – la prima cosa che naturalmente incontriamo sono le nostre proiezioni. Specialmente se non abbiamo lavorato sull’auto conoscenza e auto accettazione, se non abbiamo acquisito un minimo di capacità di padronanza emotiva e comunicazione efficace, nelle altre persone cogliamo i riflessi che proiettiamo noi.

La percezione “dell’altro” non è “l’altro” ma una “rappresentazione “ dell’altro creata con ciò che abbiamo dentro.

Come insegna saggiamente la PNL, le nostre sensazioni (anche se sacre) sono relative, soggettive e inaffidabili perché condizionate dalle nostre esperienze, dalle nostre convinzioni inconsce, dai nostri limiti fisiologici e sociali…Iniziare a ricordarsi di questo in ogni relazione è già un grosso passo nel percorso di ricalibrazione.

Se le relazioni sono un’occasione e un banco di prova poco importa che “sembrino” imposte o selezionate. Se il collega attiva in me il senso dell’infelicità (o meglio, offusca quello della felicità) piuttosto che lo faccia la mamma, il figlio o la compagna cambia relativamente…

In ogni dinamica relazionale avrò sempre la possibilità di portare l’attenzione sull’altro (e quindi stare a pensare a cosa ha fatto o non fatto, detto o non detto, a come si è permesso, al perché non ci è arrivato eccetera…) oppure su di me (chiedendomi qual è lo scopo di questa infelicità, cosa imparo da questa esperienza, come posso essere più autonomo eccetera)

Certamente ci sono casi drammatici di soprusi, abusi e violenze perpetuate specialmente nei confronti dei più deboli (bambini e donne) dove non è facile cogliere questa possibilità e occorrerebbe avere una visione molto più ampia del percorso attraverso le varie incarnazioni (per chi ci crede). In questi casi è importante che esistano istituzioni, organizzazioni e strutture e oltre a fare tutto il possibile e sensibilizzare in questa direzione, è fondamentale rimanere presenti e continuare a lavorare interiormente per cocreare frequenze coerenti che trasformino il mondo…

Un antica storia indiana paragonava la vita umana ad una casa composta da cinque stanze: individualità, attività, famiglia, relazioni sociali e spiritualità, ricordandoci come ognuno di noi sia responsabile di come le arreda, le pulisce, le profuma e soprattutto le abita.

Se nei precedenti incontri ci siamo occupati di arredare e abitare la stanza dell’individualità e della spiritualità, oggi parliamo di quelle e della famiglia e delle relazioni sociali.

La responsabilità di queste nostre stanze è soltanto nostra, solo noi possiamo decidere di portare attenzione, qualità, presenza, musica, gioia e armonia evitando di farci sedurre dalla fretta, dalle convenzioni, dalle abitudini , dalle convinzioni limitanti o di farci distrarre eccessivamente da gadget, televisione e preoccupazioni.

Per quanto riguarda la famiglia, una credenza limitante insita in molte persone è che il coinvolgimento eccessivo rappresenti un valore. Questa convinzione che tende a far “chiudere” la famiglia dietro ad un muro di omertà, attaccamento o separazione (che è l’ombra duale dell’attaccamento) è stata per secoli alla base di dinamiche famigliari e karmiche che si ripetevano come giostre…

Il coinvolgimento non è attenzione. L’attenzione è serena, il controllo no.

La relazione dipendente non è una relazione sana perché vincola il proprio benessere a quello dell’altro – come due anelli uniti insieme – e mette pericolosamente a repentaglio la propria felicità. La relazione dipendente spesso si alterna con un altro modello insano che è quello di mettere delle barriere fra sé e l’altro , alternando momenti di grande permeabilità e influenzabilità con altri altrettanto forzati di silenzio e indifferenza.

Per costruire una relazione congruente occorre sviluppare autonomia e lasciare all’altro il diritto di essere com’è, oltre naturalmente a lasciarlo a se stessi.

La metafora evangelica in questo senso è evidente; nel Vangelo di Luca Gesù afferma: “Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? ….Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella, madre..” Cosa significa “fare la volontà di Dio” ? Rimanere in presenza, centrati e autonomi, occupandosi di onorare i propri talenti creativi…

La stanza delle relazioni sociali invece, va arredata e vissuta con verità. Chiamando le cose col loro nome, scoprendo il valore dell’amicizia e della cooperazione nella verità, avendo il coraggio di sorridere delle proprie contraddizioni e di quelle dei propri amici senza nascondersi dietro a muri di luoghi comuni. Se un amico è in crisi, o si sta identificando e cristallizzando in qualche dolore o trappola psico emotiva non è affar nostro giudicarlo o cercare di convertirlo o soccorrerlo. È il suo percorso, la sua strada. Possiamo offrire disponibilità, dire serenamente il nostro pensiero, solo dopo aver verificato con acuta consapevolezza di avergli lasciato il diritto di essere com’è….

Il valore delle relazioni sociali è nelle piccole cose, è una cartina di tornasole della nostra apertura alla vita. Se una visita o una telefonata di un amico ci infastidisce se non giustificata da qualcosa di pratico, è un occasione per riflettere sui nostri valori…

Per quanto riguarda la coppia, invece, la relazione appagante va coltivata e curata come un giardino. Essendo l’energia femminile più accogliente e permeante, da un punto di vista energetico la donna è più responsabile della relazione affettiva.

Per evitare dolore, giochi di potere e dipendenze, occorre che soprattutto la donna eviti di “lasciare al caso” o “in balia delle emozioni” le proprie relazioni ma lasciarle fluire spontaneamente occupandosi innanzitutto di sé.

Per l’uomo, con la sua energia più potente, semplice e lineare è indispensabile percepire la propria vocazione per canalizzarla in modo efficace. Un uomo frustrato e insoddisfatto cercherà gratificazioni esterne (tradimenti) e facilmente svilupperà aggressività che proietterà sulla propria donna o sui figli.

Un uomo soddisfatto e in grado di esprimere la sua energia creativa , indipendentemente dai propri guadagni (anche se difficilmente sarà povero) sarà un “uomo di successo” capace di attirare donne autonome e emotivamente autosufficienti.

Come accade in natura, la femmina “seleziona” il maschio adatto a lei, ritenendolo in grado di assicurare protezione a lei e alla famiglia e tende istintivamente a difendere la coppia, anche se poi il maschio si rivela differente…

Responsabilità della donna è dunque fare molta attenzione al tipo di compagno che vuole “attirare” e lavorare su di lei perché naturalmente si tende a riconoscere e attrarre i propri simili, persone cioè che vibrano a frequenze simili alle nostre.

La donna “bisognosa” è tanto pericolosa quanto l’uomo insoddisfatto perché anziché occuparsi del proprio mondo interiore e regolare di conseguenza le proprie vibrazioni, proietterà all’esterno le proprie mancanze e la propria scarsità e attirerà uomini insoddisfatti, bisognosi e predatori di energia…

Quando una donna trova la propria centratura, si ama e si accetta, attiva e potenzia l’energia del cuore (molto più forte nelle donne che negli uomini) e diventa autonoma, le sue frequenze cambiano, e inizia ad attirare uomini “forti” nel vero senso della parola e potrà liberamente accogliere l’uomo “giusto” per lei purché riconosca e rispetti la sua vocazione e il suo canale creativo…(è per questo che esiste il detto dietro ad un grande uomo c’è una grande donna, perché non è affatto semplice stare con un grande uomo!)

Quando le relazioni affettive sono rette dal bisogno o dal mutuo soccorso, è frequente che si instaurino giochi di potere, nei quali a turno si prende il sopravvento sull’altro sino a raggiungere un apice in cui il senso di colpa ci permette poi di lasciar prendere il sopravvento all’altro come su una giostra…

Per riconoscere e depotenziare questi giochi di potere, ancora una volta è necessaria la presenza, la volontà, e soprattutto la disponibilità a lasciar andare le convinzioni limitanti, ma di questo ne parleremo nel prossimo incontro del 12 giugno…

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